Cenni storici - maniscalco

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Cenni storici

Mascalcia

Il maniscalco
La professione del maniscalco si é sviluppò dopo la nascita dell'allevamento. Con il passare del tempo la figura del maniscalco acquisì sempre più importanza fino ad arrivare, nel corso del 300 e 400, a entrare a far parte dell'Arte dei Fabbri di Firenze. L'arte della ferratura, o mascalcìa, risale probabilmente all'epoca dell'addomesticamento del cavallo, poiché fino ad allora l'uomo cercò il mezzo per rendere meno sensibile gli effetti del consumo dell'unghia stessa. Quest'arte, inventata dai popoli orientali o dagi scandinavi, fu importata in Gallia e in Germania dove l'impararono i Romani che la diffusero nei loro territori.

Alcune testimonianze raffigurate nei bassorilievi
 




Non è facile stabilire dove, come, e chi iniziò per primo a ferrare i cavalli, ma certamente questa esigenza fu meno sentita nei paesi con clima caldo secco che concorse ad accentuare l’indurimento e la resistenza della scatola cornea.
Ancora oggi in tutto il Nordafrica la maggior parte dei quadrupedi da lavoro che vengono utilizzati nelle campagne non viene ferrato, mentre l’operazione è indispensabile nei paesi e centri urbani dove le strade sono asfaltate o in altri particolari luoghi e situazioni.
Sembra certo che i Greci, per quanto appassionati e conoscitori di cavalli non usassero nessun sistema per difendere i loro piedi, traspare invece evidente dalle citazioni di illustri autori quale importanza dessero alla buona conformazione dello zoccolo e quanto si sforzassero di conservarla.

Nemmeno i Romani conoscevano la ferratura, e il nerbo dei loro eserciti era costituito senza dubbio dalla fanteria piuttosto che dalla cavalleria.
Bisogna notare che, a quei tempi, non essendo ancora conosciuta la staffa; la cavalleria aveva più la funzione di spostare velocemente un certo numero di armati da un punto all’altro del teatro delle operazioni: gli armati, giunti a contatto con il nemico, combattevano facilmente anche a piedi, visto che la mancanza di staffe rendeva la posizione del cavaliere instabile e i suoi colpi poco efficaci.
Tutti gli autori del tempo, di cose militari e di veterinaria, concordarono nel raccomandare la scelta di cavalli con zoccoli duri e resistenti, dritti e concavi.
Suggerivano altresì di tenere gli animali su terreni asciutti e di non tralasciare nulla che potesse rinforzare il piede dei puledri, ivi compreso il pascolo in zone impervie.
Venivano adottate in casi di emergenza misure temporanee di cura e prevenzione in situazioni eccezionali: si utilizzavano probabilmente stivaletti in pelle o altro materiale atti a contenere impiastri medicamentosi, esistevano forse veri e propri sandali per cavallo dalla suola di ferro che potevano essere utilizzati durante le marce di trasferimento su terreni particolarmente difficili.

L’ipposandalo
è l’unico reperto di questo genere giunto sino a noi; si tratta di una piastra di ferro con i bordi laterali rialzati e muniti di un anello anteriore posto su di un gambo di qualche centimetro piegato e leggermente all’indietro come per seguire l’inclinazione della muraglia dello zoccolo, e di un gancio posteriore rivolto verso il basso in una posizione che si colloca tra i talloni; è facile ipotizzare che dei lacci servissero a fissare al piede l’ipposandalo.
                
 Non si sa quale uso se ne facesse, certo è che non poteva rappresentare una soluzione definitiva perche’ un cavallo così
 calzato non poteva marciare lungamente e tantomeno poteva passare ad andature veloci.




Sembra che i primi ad avere l’idea di proteggere i piedi del cavallo con un cerchio di ferro inchiodato sull’unghia così da evitarne la consumazione, furono i Galli e i Celti; prova ne fu i ritrovamenti di numerose tombe, nelle quali il cavallo fu sepolto con il suo proprietario.

D’altra parte il clima umido e piovoso del loro paese, l’uso esteso del cavallo e la loro riconosciuta abilità nella lavorazione del ferro avallarono ulteriormente questa ipotesi.
I Romani occupando i loro territori appresero ben presto la tecnica della ferratura e se ne impadronirono, migliorandola e rendendola piu’ funzionale.

Sembra infatti che in origine il ferro avesse un profilo ondulato con stampe ovali e i chiodi avessero appunto testa ovale nel senso dell’altezza e gambo rotondo.
Solo più tardi, probabilmente per l’elaborazione dei fabbri al servizio dei Romani, si arrivò alla lavorazione di un ferro piatto con stampe atte ad alloggiare chiodi con gambo e testa quadrati.
Questo rappresentò un notevole progresso poichè senz’altro permise un’applicazione facilitata e di maggior durata, potendo il gambo quadrato dei chiodo penetrare più profondamente nell’unghia senza il rischio di danneggiarla.

 Durante il Medioevo, con l’avvento della cavalleria pesante dotata di animali di una certa mole e di altrettanti cavalieri pesanti, la ferratura assume ancora piu’ importanza pur non essendo ancora generalizzata.
Bisognerà attendere il XV-XVI secolo per trovare i primi esaurienti trattati di mascalcia e con essi anche le polemiche tra gli autori sul modo migliore per regolare l’unghia, ridurre o meno il fettone e la suola, aprire o no i talloni. Vengono pubblicati anche i primi lavori sull’anatomia e le malattie del piede e i possibili rimedi.

La mascalcia arrivò a un riconoscimento ufficiale. A questo concorsero soprattutto gli sforzi fatti in Italia ed in Francia. Pur essendo diventata una scienza, non smisero i contrasti e le opposte tesi tra gli autori. Occorrsero ancora molti anni di ricerche, prove e tentativi, prima di trovare delle soluzioni razionali che affermassero la ferratura quale protezione dello zoccolo senza alterarne le sue funzioni naturali. In alcuni paesi come l’Inghilterra gia’ alla fine del secolo scorso furono istituiti Albi di maniscalchi. Per essere iscritti agli stessi necessitava sostenere un esame teorico / pratico. Nel 1975 fu approvato un decreto che proibì la ferratura di cavalli da parte di persone non qualificate. 
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